Metti i sensori in mano ai cittadini e ne ricavi miliardi di dati, grazie a una rete di quattordicimila centraline piazzate in più di 70 paesi. Un movimento dal basso fondato sulla condivisione, in pieno spirito hacker. Ne parliamo con Lukas Mocek, portavoce della piattaforma Sensor.Community.
L’aria dell’Europa è sotto osservazione: a sorvegliare sono gli stessi cittadini, che hanno preso il controllo dei dati montando delle centraline dotate di sensori. Il sensore è la leva di questo cambiamento di prospettiva: un dispositivo economico, facile da installare ovunque, capace di rilevare informazioni utili e potenzialmente aperto a future, possibili nuove applicazioni. Quando le istituzioni decideranno di adottarlo in massa, sarà un grande passo per l’umanità.
Ogni due minuti e mezzo, la mappa aggiorna milioni di dati aperti e accessibili, grazie alle tante comunità di cittadini che hanno installato le centraline.
Nato come sistema di misurazione delle polveri sottili, il progetto Sensor.Community si è evoluto fino a diventare un movimento dal basso dalla portata globale, con forti caratteristiche di responsabilità sociale condivisa. Dalla consapevolezza del dato alla programmazione di interventi concreti, il passo è sempre più breve: la proliferazione di big data permette di fare valutazioni più accurate su ogni situazione precisa, stimolando una reale ricaduta positiva nella vita delle persone, anche quelle non direttamente coinvolte. Abbiamo intervistato un portavoce eccellente della piattaforma Sensor.Community: Lukas Mocek, che si occupa proprio di Sviluppo di comunità e partnership internazionali.
Che cos’è Sensor.Community, in breve?
È la piattaforma globale per gli Open Data ambientali. In pratica, una rete mondiale di sensori che monitorano qualità dell’aria (PM 10 e PM 2,5), temperatura, pressione, umidità relativa e inquinamento acustico, quindi condividono le informazioni su una mappa in un flusso continuo a disposizione di tutti, con la possibilità di consultare, condividere online e scaricare anche lo storico.
Come è iniziato il progetto?
Monitorando la qualità dell’aria di Stoccarda tramite 300 sensori a basso costo. Si diceva che quell’aria fosse inquinata quanto quella di Pechino, ma che cosa significava nel concreto? I dati ufficiali mancavano, non erano aggiornati oppure non erano condivisi dalle istituzioni. Non esisteva (e non esiste tuttora) nessun sistema ufficiale che aiutasse i cittadini ad acquisire consapevolezza e prendere decisioni in tempo reale. Allora un meteorologo ha dato un impulso iniziale alla costruzione di sensori a installazione fissa e, nel giro di poco tempo, il progetto ha preso piede in altri sette Paesi grazie alla motivazione di tanti volontari, tra cui diversi ingegneri esperti. Ad oggi, la nostra rete comprende circa 14.000 dispositivi dislocati su 5 continenti. Con la distribuzione progressiva del progetto accompagnata all’esperienza che abbiamo maturato negli anni, la piattaforma è finalmente pronto a gestire a spostarsi a sud dell’equatore.
Qual è stato il tuo ruolo nella nascita e nello sviluppo del progetto?
A quota 300 sensori, sono entrato nella squadra per immaginare lo sviluppo successivo, intravedendone i possibili sviluppi e guardando all’estero. C’erano già alcune manifestazione di interesse in altri Paesi e volontari pronti a tradurre il progetto in altre lingue. Sensor Community ha presto assunto un respiro internazionale, ampliando anche la tipologia di misurazioni ad altri dati ambientali (il rumore e l’NO2).
Come si entra a far parte della community?
Anzitutto formando un gruppo locale tra i vicini di casa, altre persone che hanno a cuore l’ambiente o la salute della propria famiglia. A quel punto è possibile acquistare il kit completo o i singoli componenti da assemblare, seguendo la nostra guida step-by-step tradotta in oltre venti lingue. Il pacchetto include il software per il funzionamento della centralina e la guida per l’installazione. La semplicità di montaggio e il costo contenuto sono fattori decisivi: per esempio nel 2021 in Bulgaria sono stati installati, in pochi mesi, ben 800 sensori.
E le istituzioni si sono accorte dell’enorme potenziale di questi dati?
Abbiamo partecipato a diversi gruppi di lavoro sia della Comunità Europea che delle Nazioni Unite e collaboriamo attivamente con il Ministero dell’Ambiente e della Salute dei Paesi Bassi e l’Agenzia per l’ambiente delle Fiandre (Belgio). Al momento, siamo un complemento alle reti ufficiali esistenti e ci troviamo anche in luoghi in cui le stazioni di misurazione ufficiali non effettuano analisi. In alcuni casi, la collaborazione con le istituzioni è iniziata già in fase di installazione dei sensori, con l’individuazione dei luoghi a partire da valutazioni condivise. Tuttavia, la vera svolta arriverebbe da un coordinamento ufficiale che possa evitare inutili ritardi nella lotta al cambiamento climatico.
L’OMS scrive raccomandazioni
politiche, ma come misurano i
risultati? Gli obiettivi dell’Agenda
2030 sarebbero più vicini
monitorando i dati tramite Sensor.
Community.
A conti fatti, che cosa ci dicono i sensori sulla qualità dell’aria?
Interpretando i dati, emerge una grande variabilità dei dati a seconda di alcuni fattori, per lo più legati al contesto meteorologico. Ad esempio, il vento incide fortemente sul risultato e possono esserci differenze importanti anche tra un quartiere all’altro. Con una diffusione capillare dei sensori, i cittadini potranno ad esempio decidere se uscire a fare jogging in base al tasso di inquinamento.
Dal punto di vista economico, chi sostiene il progetto?
Il progetto si basa sul contributo volontario e, solo in piccola parte, sulle donazioni effettuate tramite sito. Ma il vero capitale è il risultato degli investimenti dei quattordicimila utilizzatori che hanno deciso di investire nell’acquisto e nell’installazione di un sensore. A conti fatti si tratta di un totale di oltre 750 mila euro. Il sistema assomiglia a una campagna di crowdfunding e ha tutti requisiti per autoalimentarsi all’infinito.